Weekend in Liguria maggio 2013
WEEKEND in LIGURIA
18/19 maggio 2013
La Dea Fortuna ci accompagna sempre!!! In questo maggio micidiale, infestato da piogge, trombe d’aria e alluvioni, con previsioni nere per i giorni del nostro viaggio, abbiamo trovato uno squarcio di tempo accettabile che ci ha permesso di godere in pieno questi due giorni al mare. Un viaggio questo che unisce l’aspetto naturalistico e culturale, alla scoperta di alcuni angoli particolari della Liguria: la passeggiata da Santa Margherita a Portofino, per mare a San Fruttuoso, la sua Abbazia, il castello di Pontremoli.
Alla guida del nostro insuperabile autista Marco che ci supporta in decisioni e logistica, arriviamo in Liguria intorno a mezzogiorno: dopo la sconfortante notizia che i battelli non prendono il mare, arriva la comunicazione che da Camogli si può arrivare a San Fruttuoso. Imbarco veloce, tempo brutto, mare mosso: molti, anche del nostro gruppo, stanno male ma arrivano, stringendo i denti, nella piccola e nascosta baia di San Fruttuoso all’interno della Riserva integrale marina di Capodimonte. L’immagine che si presenta è poetica, una chiesa, un’abbazia con finestre gotiche su una spiaggia di ciottoli scuri e variegati, la torre dei Doria, dogi di Genova, la storia della Repubblica marinara, degli invasori arabi, dei pirati: la visita ci porta in un mondo lontano, quando i monaci riuscivano a vivere con poco e difendevano il luogo in cui furono portate le spoglie di San Fruttuoso. I manufatti dell’epoca rimangono in bella vista nel piccolo museo sito intorno al chiostro.La dedicazione del Monastero al martire cristiano San Fruttuoso e ai suoi diaconi Augurio e Eulogio affonda le radici tra storia e leggenda: il vescovo Fruttuoso subì il martirio a Tarragona, in Spagna, nel 259 d.C. e non si sa esattamente come i resti siano giunti a Capodimonte, dove tuttora riposano. La tradizione vuole che sia stato lo stesso martire Fruttuoso a indicare il luogo in cui trasferire i suoi resti, apparendo in sogno ad alcuni suoi discepoli. Il luogo in questione era riconoscibile per tre segni: un drago feroce, una caverna e una limpida fonte d’acqua. I monaci, guidati da un angelo, arrivarono sugli scogli di Capodimonte, dove trovarono il drago, che fu affrontato e annientato dall’angelo, e gli altri due segni predetti. Vera è era la sorgente annunciata dal vescovo nel sogno, conosciuta e segnalata su tutte le carte dei naviganti, perchè prezioso punto di rifornimento.e vera è anche la “fama” del drago, leggenda diffusa tra i marinai forse per allontanare i possibili contendenti che qui volevano rifornirsi d’acqua. Il primo documento noto riguardante il Monastero, attualmente del Fai che l’ha restaurata nel 1983,è del 984: nel nuovo millennio il complesso, rinato dopo le scorrerie dei Saraceni, era costituito dalla Chiesa, dominata dall’alta Torre Nolare, dal Monastero che la affianca e dal piccolo Chiostro contiguo a picco sul mare. Nel 1200 l’Abbazia acquisì un piccolo impero territoriale ed è proprio in questo periodo che la sua storia si intreccia con quella della famiglia Doria: in cambio dei mezzi donati per ampliare il Monastero, la famiglia Doria ottenne il diritto di seppellire i propri morti nella cripta attigua al Chiostro Inferiore. Notevoli infatti sono tali tombe in marmo a strisce bianco/nero. Nel 1300 incominciò il declino dell’Abbazia, per le mutate condizioni politiche, con l’affermarsi delle autonomie comunali, per le liti religiose e le incursioni turco-barbaresche.Il ritorno a terra è meno traumatico e, sebbene stipati come sardine, riusciamo a goderci la vista di Camogli dal mare. Seguendo la strada Aurelia lungo la costa,passiamo per Santa Margherita, Rapallo fino a Chiavari: visitiamo la città con il palazzo comunale, il Duomo neoclassico, le stradine decorate con bellissime composizioni di fiori e solo qui ci troviamo sotto la pioggia. Sul tardi si arriva a Cavi di Lavagna e c’è chi si rilassa prima di cena e chi va a spasso lungo l’arenile e nel borgo abbarbicato su un pendio fra pitosfori, ligustri, calle e corbezzoli. La mattina della domenica il sole ci accompagna lungo la strada da Santa Margherita fino a Portofino, un bella passeggiata sul mare e lungo un sentiero che arriva alle spalle del paese consentendo uno sguardo particolare al porto, al Duomo e alle tipiche case dai colori marinari. Nell’antico”Portus Delphini” ricordato da Plinio ognuno è libero di seguire le proprie intuizioni:chi va alla punta del Faro, chi al Duomo dominante il golfo del Tigullio, chi a mangiare la tipica focaccia con l’olio, chi a comperare tende e tovaglie e chi a prendere l’aperitivo nel porticciolo!!!A Santa Margherita, dopo una traversata calma sul battello, il nostro Marco ci fa da guida per la cittadina e ci porta al ristorante dove possiamo assaggiare prelibatezze marinare. Lungo l’autostrada si possono ammirare deliziosi squarci sui paesi a mare fra una galleria e l’altra; si arriva a Pontremoli, città antica ma risorta a nuova vita dal ‘600 in poi dopo un furioso incendio che la distrusse ferocemente. Posta a cavallo di due fiumi che confluiscono nel Magra, collegata con due ponti medievali alla parte nuova della città , con il suo castello/fortezza posto su un colle a difesa della valle, i nobili palazzi secenteschi, le stradine che mantengono ancora l’assetto e la pavimentazione medievali, costituisce una scoperta per tutti noi. Saliamo lungo queste viuzze fino al castello del Piagnaro. Il suo nome deriva dalle “piagne”, lastre in arenaria utilizzate in Lunigiana per costruire i tetti delle abitazioni. Qui iniziamo la visita del Museo delle Statue Stele e della fortezza. Le statue stele sono monumenti di epoca preistorica e protostorica, particolarmente diffusi in Lunigiana. Conosciute fin dai secoli scorsi, solo in epoca relativamente recente sono state studiate scientificamente ma ancora oggi possiedono un alone di mistero che le avvolge e che rappresenta un elemento di indubbio fascino.
Queste pietre, alcune delle quali hanno la testa a copricapo di carabiniere, rappresentano in maniera stilizzata uomini armati o donne ornate di monili e costituiscono un’importante testimonianza di civiltà lontanissime, che hanno interessato tutta l’area della Lunigiana nel corso di un lungo periodo di tempo, a partire dal III millennio a.C. fino al VII-VI sec. a. C., agli albori dell’epoca storica.
Le statue stele della Lunigiana erano realizzate in arenaria, estratta dalle cave della zona e lavorata con strumenti di pietra. Venivano poi infisse verticalmente nel terreno in aree particolarmente significativa a gruppi o singole.Uno degli interrogativi principali che questi monumenti sollevano è quello relativo alla loro funzione, che resta in gran parte da chiarire. La nostra guida racconta alcuni episodi simpatici sul ritrovamento casuale di queste stele nel campo di qualche contadino che arava per seminare patate o incassate nel muretto di una casa. La discesa alla confluenza dei fiumi lungo, la strada principale tra palazzi, chiese e avvolti, ci mostra una città tutta da scoprire e ci trasmette il desiderio di ritornare.Il viaggio di ritorno entrerà nella storia: il nostro pullman non era più un pullman ma una discoteca con CD, canti e balli. Un viaggio memorabile e fortunato!!!
MINISA
Ultimi Articoli
Ecco gli ultimi articoli del nostro Archivio, scopri il Gruppo Micologico Don Porta.
SCOPRI TUTTI I NOSTRI ARTICOLI
Scopri gli altri articoli del Gruppo Micologico Don porta sul nostro blog, le nostre gite, le mostre e tanto altro!