Nel regno di Fanes- Val Marebbe

Gennaio 16, 2012

Nel regno di Fanes- Val Marebbe

    

VAL DI FANES – 17 luglio

….“Se tanto mi da tanto”. Questo è stato il primo pensiero vedendo l’intensa ed

estesa nuvolosità con cui era iniziata la mattina. Tutto faceva presagire una

giornata a “bagnomaria”.

Al rifugio Pederù, a quota m.1545, siamo arrivati con il pullman e, nonostante

l’incombenza di tale cielo plumbeo, abbiamo iniziato l’escursione. Sono stati

formati due gruppi, condotti da Nicola e da Marinella. Il primo, il gruppo degli

“Arditi” – così mi piace chiamarli -, ha seguito un sentiero abbastanza ripido,

mentre il secondo gruppo, i “Comodi” – al quale mi sono aggregato -, si è

incamminato lungo la strada sterrata, utilizzata anche dai bus navetta.  

Fra le varie escursioni fatte, in questi ultimi anni, con diversi amici, non mi ero mai

avventurato nella val di Fanes. Eppure ho sempre sentito parlare di queste

Dolomiti di Fanes con i suoi paesaggi quasi lunari!

Superato il primo tratto, forse un chilometro, particolarmente pendente, il

percorso è proseguito quasi pianeggiante. 

                                                

                   

 

Il gruppo ha iniziato a snocciolarsi lungo il tragitto previsto, con ritmi diversi di

camminata. Con Carmen e Paola ci siamo posizionati fra gli ultimi, poiché, parlando di

argomenti piuttosto ampi e complessi – come ad esempio il “diritto di famiglia”-

eravamo portati a considerazioni di tutti i tipi, al punto di rendere necessario il fare

soste frequenti.

Addentrandoci nella valle, vedevamo delle montagne dai più diversi colori e il rio

S. Vigilio completava la vista agreste montana. 

 

Più volte siamo stati tentati di lasciare la strada forestale per qualche sentiero

laterale per abbreviare il percorso, preferendo infine la diritta via!

Nell’ultimo tratto, non vedendo ancora il rifugio Fanes – quota 2060 – abbiamo

deciso di chiedere ad alcuni escursionisti di ritorno quanto tempo mancasse

all’arrivo, meravigliandoci nell’accorgerci che mancavano solo dieci minuti.

Ovviamente, arrivando per ultimi al rifugio Fanes abbiamo trovato gli altri

compagni di gita che avevano quasi tutti mangiato. Però, dal momento che c’era

tempo, abbiamo dato fondo alle risorse alimentari che ognuno di noi aveva a

disposizione. 

Nonostante la fosca giornata, numerosissimi erano gli escursionisti affluiti al   

rifugio Fanes.

Dopo aver gradito il sorso di vino offertomi da Carmen, ho deciso, solo soletto,

di andare anche al rifugio Lavarella, distante all’incirca m. 700 dal Fanes. 

                            

Volevo vedere più da vicino la curiosa serie di banchi calcarei, disposti a forma di

gradinate definita il “Parlamento o Senato delle marmotte”. Ed anche in qui non

ho fatto altro che guardarmi attorno affascinato dall’ambiente da favola che mi

circondava. 

 

La leggenda dei Fanes è forse la più bella delle valli dolomitiche. I Fanes sono un glorioso ed eroico

popolo tra il quale vige il principio del matriarcato cui corrisponde un animale totemico: la marmotta.

L’ultima discendente della stirpe si innamora di un’ principe straniero e per lui abiura alle prerogative

regali. I Fanes hanno così un re, che è scortato da un nuovo terribile animale totemico: un aquila dal

becco rosso e dagli artigli d’oro. La regina partorisce due gemelle: Lujanta, luminosa come la luna, che

sprofonderà nel regno sotterraneo delle marmotte, e Dolasilla, incarnazione araldica del Sole, destinata

alla lotta guerriera dal tragico destino. Più tardi nascerà anche un figlio «il principe dal braccio solo»,

simbolo di un’univoca volontà di potenza, che l’aquila rapirà innalzandolo al cielo degli eroi… Cosi inizia la

leggenda curata da B. M. Dal Lago per le edizioni Mondadori: «Lassù sulle alte Conturines», dove ora ci

sono cespugli e rocce, in un’arena che ancora oggi porta il nome di Parlamento delle Marmotte, tanto

tanto tempo fa c’era un regno incantato (…). Conturin era il cuore di questo paese che si chiamava Fanis

e Fanes i suoi abitanti (erano soprannominati “marmotte”)… 

      

 

              chi delle due è più bella?

 

Dopo la visita a questi due rifugi, ho iniziato il cammino per il rientro. Lungo il

tragitto i due gruppi si sono ricompattati e insieme siamo tornati al rifugio Pederù.

Poco prima di partire con il pullman ha fatto capolino una leggerissima pioggerella

e mi son detto: – Che fortuna, nel non prendere la pioggia sulla via del ritorno! –

A San Vigilio di Marebbe abbiamo fatto una sosta per visitare il Centro Visite

Fanes-Senes-Braies (vedi il sorriso radioso di Lina). 

 Lì mi hanno soprattutto colpito le rampe di accesso che

vengono utilizzate come aree espositive per illustrare l’origine delle Dolomiti.

La considerazione finale è questa: non mi era mai capitato di vedere le montagne

rosa senza il fenomeno dell’”Enrosadira”, ecco perché questa valle è da favola.

 

           P.s. Nel ladino di Marebbe “fana” (qui al plurale) significa “padella” e il nome si adatta bene

alla morfologia dei luoghi.

Giorgio Italiano

 

 

 

 

 

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